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Politica e antipolitica tra le pieghe del sistema

Conversazione a Scienze politiche con l'inviato di Repubblica Sebastiano Messina, catanese d'origine

 
 
26 novembre 2007
di Eva Spampinato
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"Il governo è come un trapezista in bilico sulla corda. Traballa. Forse cade o forse no. È una domanda che ci stiamo ponendo un po' tutti, siamo curiosi. La risposta? Staremo a vedere". La metafora politico-circense ce l'ha regalata Sebastiano Messina, siciliano, inviato speciale di Repubblica, dove è capo della redazione politica. Lo abbiamo incontrato lunedì mattina nell'aula magna della facoltà di Scienze Politiche per un incontro-dibattito sul tema "Politica e antipolitica, nuovi partiti, movimenti e progetti di riforma elettorale".
Il giornalista ritorna nella sua facoltà d'origine. "Per me è un momento emozionante parlare in questa facoltà - ha detto Messina ad una gremita platea -, è un luogo sano della memoria". Sebastiano Messina, infatti si è laureato proprio nell'Ateneo catanese e con il preside Giuseppe Vecchio ha condiviso più di ricordo.

Ma il tema dell'incontro è quanto mai attuale e, neanche a farlo apposta, nello scenario politico italiano si sono appena affacciati due nuovi partiti - il Pd prima e il Partito del Popolo delle Libertà subito dopo - e il progetto della riforma elettorale sembra una scelta oramai quasi obbligata. Oggi, infatti, il sistema è arrivato ad una crisi apparentemente senza sbocco, con il Governo che, di fatto, non riesce a decidere quasi nulla. "Un sistema nel quale bastano due persone per bloccare qualunque legge, è un sistema bloccato", commenta Messina, che ha esordito come cronista alla redazione catanese del quotidiano "L'Ora" di Palermo, poi è passato al quotidiano "Diario" e quindi al "Giornale del Sud".


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Ma la domanda da fare ad un "addetto ai lavori" rimane principalmente una ed una sola. Spallata o non spallata? Il governo cade o non cade? I due poli hanno ancora motivo di essere chiamati così, adesso che Berlusconi ha definito la Casa delle Libertà un "ectoplasma"? Beh, il titolare della gettonatissima rubrica "Bonsai" pare non avere dubbi: "Il governo non può cadere prima del novembre del 2008, ovvero non appena saranno passati i due anni sei mesi e un giorno e i deputati potranno prendere il loro vitalizio".
Nell'attesa, a Scienze politiche si parla di Antipolitica e di sistema elettorale. L'attuale è uno strano mix di proporzionale e maggioritario, ha spiegato nella sua relazione il cronista di "Repubblica". "Ha un impianto proporzionale, ma viene consegnato alla maggioranza un premio di maggioranza e questo ha reso possibile la situazione attuale alla Camera, mentre in Senato è un maggioritario strano, regionale. Insomma, un sistema che non ha funzionato bene. Con il referendum del '93 - spiega ancora il giornalista parlamentare - siamo passati dal proporzionale al maggioritario e adesso si vorrebbe tornare indietro. Ma prima di tornarvi dovremmo capire se il maggioritario ha fallito veramente. Secondo me, no. È l'ibrido che ha ucciso la transizione e ha portato ad un bipolarismo rigido e cementificato, come lo ha definito Sartori".

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Messina, dunque, difende il sistema maggioritario e punta il dito contro le coalizioni. "In teoria quella delle coalizioni sarebbe la soluzione apparentemente più democratica, ma in pratica non lo è - dice ancora Sebastiano Messina - in realtà è una soluzione che ammazza il governo. Il coalizionismo è un male, da qui nasce il bisogno di una riforma elettorale per la quale si stanno battendo i due nuovi partiti".
Partiti nati in modi e tempi assolutamente differenti. Il primo, il Pd, in seguito a mesi e mesi di discussioni, scissioni, elezioni primarie. Il secondo, il Partito del Popolo delle Libertà - sul nome ancora non c'è certezza -, invece è nato in tre minuti, una domenica pomeriggio, sulla predellina dell'auto di Berlusconi. "A mio avviso - conclude Messina - il "bipartitismo è l'unico sistema che può governare in questo momento in Italia, perché la conflittualità non si deve rovesciare sull'esistenza del sistema stesso".
E sugli italiani e la politica il catanese giornalista di Repubblica commenta, "gli italiani sono bravi in tutto. Geni, furbi, grandi inventori e creativi, ma in politica non sono degni di nota. Se dovessi pensare a nomi di importanti statisti, mi verrebbero in mente solo grandi figure estere. Insomma, gli italiani vogliono mettere sempre del loro in tutto. Adesso si parla di un sistema tedesco-spagnolo-corretto all'italiana: un simile bricolage non è buono".