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Chiesa e università

La sfida educativa, tra filosofia, antropologia e richieste di laicità

Convegno in aula magna con Rocco Buttiglione e il vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi

 
 
16 novembre 2007
di Fabio D'Urso
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Alla fine la contestazione si è risolta in un dialogo, acceso magari, ma verosimilmente proficuo. Da una parte, il senatore Rocco Buttiglione, invitato a Catania, insieme con il vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, per parlare nell'aula magna dell'Università della questione antropologica e della sfida educativa e sulle ragioni dei cattolici riguardo l'istruzione e la formazione negli Atenei italiani. Dall'altra parte, un gruppo di studenti di sinistra che con striscioni e slogan hanno criticato la presenza dell'esponente politico dell'Udc, e finanche la stessa natura del convegno: "Fuori la Cei dagli atenei", scandivano infatti, biasimando il presunto interventismo della Conferenza episcopale italiana nell'ambito della società e rivendicando "un'istruzione pubblica e laica".

L'incontrosi è tenuto venerdì 16 novembre su iniziativa dell'Università etnea e dell'Arcidiocesi di Catania, in presenza del rettore Antonino Recca e dell'arcivescovo metropolita, Salvatore Gristina. Questi ha voluto esprimere, in tale circostanza, "l'importanza del dialogo e della collaborazione tra l'Ateneo e la Chiesa catanese in quanto istituzioni entro un unico luogo teologico che è appunto quello della città di Catania, e quindi del suo territorio, umano, geografico, culturale, sociale".

Agli studenti, che proprio all'inizio del suo intervento hanno interrotto Buttiglione, urlando dal fondo dell'aula magna, Buttiglione si è rivolto entrando subito nel merito della questione: sulla laicità dello Stato italiano, citando l'insegnamento filosofico dei fratelli Spaventa e le sue conseguenze storiche e politiche. "Che cosa significa laicità? - si è chiesto Buttiglione - La visione di laicità proposta dagli studenti con la loro protesta parte appunto dai fratelli Spaventa, dagli anni in cui vigeva forte la loro filosofia entro un contesto positivista e risorgimentale. Tale definizione porta al concetto di religione dello Stato in buona parte dell'Europa continentale. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti è stata elaborata diversamente: lo Stato favorisce tutte le religioni e dà loro uno spazio, appunto perché la società concettualmente è pensata fuori dallo Stato. E a cosa porta questa visione, se non alla percezione totalitaria dello Stato in Italia e in Germania?". Richiamando poi un testo di Tocqueville sulla democrazia in America ha ricordato come nella cultura americana "non esista una religione di stato".


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La protesta degli studenti ha tenuto non poco in impasse relatori e partecipanti, richiedendo la mediazione del rettore che, con calma, ha domandato loro di adottare una forma diversa di protesta, esortandoli e infine convincendoli a riformulare le questioni entro il contesto del dibattito stesso.

Il filosofo di matrice cattolica ha poi precisato che "nello stesso modo in cui è finito il modello dello stato totalitario, è terminato anche il modello della scienza proposto dai positivisti". "Con Popper è cambiato il paradigma epistemologico della conoscenza scientifica, ed infatti "la scienza non dice la verità"ma formula delle ipotesi. Dopo di lui, tutta l'epistemologia moderna ha trovato nella "falsificazione" del metodo scientifico un nuovo paradigma interpretativo".

"Se il mito positivista che era durato dall'enciclopedia francese subisce, con l' epistemologia moderna, un duro colpo, da dove bisogna allora partire?". Nella seconda parte del suo intervento Buttiglione ha evidenziato che la filosofia nasce dalle relazioni concrete che avvengono nella vita di una persona. Ha voluto raccontare in questo modo le ragioni ultime della "sua antropologia" a partire dal raccontare come dal proprio contesto interpretativo, cioè dalla sua vita, dai suoi incontri, dalle sue evidenze e dalle sue esigenze intellettuali e morali, dalle esperienze di incontri con grandi personalità (per esempio Francesco Ventorino e Augusto Del Noce), egli abbia tratto il senso e l'inizio della sua elaborazione filosofica. E ha voluto ricordare con Maritain che "finché non sia avvenuto l'incontro con l'Essere, non può cominciare l'incontro con la filosofia". Un percorso, il suo, che ha trovato argomenti nella "relazione con l'Amato" come dinamica antropologica, nell'amore che non tradisce (citando anche Wagner e "l'Olandese volante").

Tutta la filosofia forte del professore è stata raccontata al folto pubblico presente nell'aula di Palazzo centrale, che lo ha seguito con grande interesse mentre egli spiegava la costituzione del soggetto a partire dalla risposta ad un "Dio che ci chiama"(citando anche Althusser) e dalla possibilità della risposta dell'uomo.

Poi ha posto in termini la questione antropologica, ovvero come "dal punto di vista teoretico sta passando non soltanto l'idea che Dio è morto ma che anche l'uomo lo sia. Se infatti non c'è un Dio che chiama , non c'è neanche un uomo che risponde". Citando Eliot e "gli uomini vuoti", Buttiglione ha richiamato all'aspetto etico pratico di questa forma del pensiero post moderno che sarebbe a suo avviso la morte della famiglia. E così il non riuscire a portare l'altro nel cuore, la perdita della consapevolezza che "l'essere donna è bello", dell'esperienza della maternità, della femminilità, della reciprocità con l'uomo, della famiglia sarebbero emblematici per comprendere i paradossi di una società che ha perso il senso della vita a partire dalla natalità fino alla morte.

Cosa salva dalla crisi antropologica? "Non la politica e neanche soltanto la filosofia che pure ha un ruolo importantissimo - ha risposto Buttiglione -. Alla crisi teoretica della persona si può dare risposta solo pensando alla vita concreta delle donne, dei poeti e dei santi, i quali sono capaci di accendere negli altri la passione per la Verità. Un fulgido esempio ci è dato da quanto ha fatto il Cardinale di Cracovia con i suoi amici, rendendo la sua testimonianza viva, a partire da un'esperienza di comunicazione intensa".

Il professor Francesco Rizzo, moderatore dell'incontro, ha dato poi la parola al Vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi, che ha ricordato la tradizione della collaborazione tra Studio Teologico San Paolo e Università di Catania, sottolineando l'importanza della collaborazione tra Chiesa e Università "in quanto ogni ateneo risulta luogo di scelta impegnativa per la società".

Sul tema centrale dell'incontro il Vescovo ha detto:"La sfida educativa è legata alla sfida antropologica. Non si può educare se non a partire da un concetto di uomo, da un concetto di persona. Oggi la scommessa di tutti è quello di salvaguardare il retto uso della ragione umana, privata della conoscenza dell'Essere come Vero, come Buono, come Bello e siamo chiamati in qualche modo a superare la cultura del nichilismo".

La questione antropologica è quindi la questione dell'uomo che assume una dimensione nuova: "Oggi, purtroppo, non si mira più ad interpretare l'uomo ma sopratutto si tenta di trasformarlo - ha precisato mons. Pennisi -. Ciò sta a significare la capacità tecnica dell'uomo di decidere sulla vita e sulla morte, di produrre l'uomo in laboratorio tramite la tecnica. Il dramma è che la tecnica concerne il come, ma non è in grado di dare ad esso un senso. Noi celebriamo quello che Heidegger ha chiamato l'imperialismo planetario dell'uomo tecnicamente organizzato. L'uomo si accorge di essere non solo signore ma anche oggetto della tecnica. Il massimo di potere si unisce al massimo del vuoto. Il massimo di capacità si unisce al minimo di sapere in quanto agli scopi. Se la tecnica non sa dove andare deve ricevere un orientamento dall'etica, dalle filosofie, dalle teologie, dalle varie religioni nella misura in cui esse sono in grado di collaborare all'interno di una ragione pubblica dialogica, ma non indifferente e incredula".


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L' Università, per il Vescovo di Piazza, risulta allora il luogo di dialogo per un confronto multiculturale in un momento della storia in cui "la manipolazione tecnica è arrivata ad intervenire sull'identità umana stessa ma non riesce a rispondere alla domanda sul senso dell'uomo".

Citando Galimberti, Pennisi ha poi voluto soffermarsi sul nichilismo odierno e sulla sua influenza negativa verso i giovani. E riproponendo il dibattito sulla morte di Dio che ha portato alla morte dell'uomo, ha ricordato come, per il francese Foucault, l'idea stessa dell'uomo appare una invenzione di cui l'archeologia mostra la data recente e forse la fine prossima. La conseguenza sull'educazione è l'affidamento senza resa al sapere scientifico: "Ci può essere una alternativa al nichilismo soltanto se ci sono persone che possano dare una trasformazione della realtà. Ma se si condivide la centralità della persona umana, si riconosce anche la sua intangibile dignità, il suo desiderio infinito di felicità. A partire da questo riconoscimento si può andare verso un nuovo umanesimo, categoria privilegiata per incontrare la visione accademica."

Il dibattito, caratterizzato dal confronto tra le ragioni dei cattolici alla "critica della ragione laica" e quelle degli studenti alla critica della metafisica dei cattolici, ha assunto talvolta dei connotati netti e rigorosi, a proposito delle ruolo delle donne e sulle dinamiche reali di esclusione, di violenza e di ingiustizia. Con altre parole Silvana Ioppolo ha ricordato come "in situazioni concrete, ai valori del bene comune si sovrappongono purtroppo comportamenti, azioni e contesti che fondano ingiustizie concrete, atti che rendono insopportabile la vita civile dei più deboli". E su questo tutti si sono trovati concordi.