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La dimensione pedagogica dell'Europa

Si è aperto il ciclo di conferenze dedicate da Scienze della formazione ai 50 anni dei Trattati di Roma

 
 
18 giugno 2007
di Giuseppe Melchiorri
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"Fatta l'Europa, bisogna fare gli europei. E per formare cittadini europei è necessario educare gli abitanti ai valori e alle regole di questa giovane realtà sopranazionale. Per questo motivo la dimensione pedagogica è molto più urgente di quanto si possa pensare". Sono le parole di Antonia Criscenti, docente di Pedagogia sociale nella facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Catania e membro del comitato scientifico del convegno "Educare alla democrazia europea" che si è svolto oggi nell'aula magna del Palazzo centrale.

L'incontro, il primo di quattro, è stato organizzato dal Dipartimento di processi formativi dell'Ateneo catanese e dalla facoltà di Scienze della formazione e si inserisce all'interno del ciclo di conferenze multidisciplinari su "Democrazie d'Europa.  Politiche  culturali e strategie educative", programmato in occasione delle celebrazioni del 50° anniversario dei Trattati di Roma.

Dopo i saluti del rettore Antonino Recca, del direttore del Dipartimento Francesco Coniglione e di Silvana Raffaele, docente di Storia moderna, sono intervenuti nel corso della mattinata Antonia Criscenti, Francesco Attaguile, dirigente generale della Regione siciliana a Bruxelles, Alberto Granese, preside della facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Cagliari e Graziella Scuderi, docente di Pedagogia generale a Catania. "Il principio che sta alla base di questa iniziativa - ha continuato Crescenti nella sua relazione dal titolo "Democrazia senza educazione? Quale Europa?" - è che in Europa non ci può essere vera unità senza la formazione di una coscienza comune. Purtroppo fino ad oggi si è lavorato poco sotto questo punto di vista, con il conseguente deficit democratico che è sotto gli occhi di tutti. Si è sempre vissuti nella sbagliata convinzione che la democrazia fosse un sistema che si autoregolasse e si autoriproducesse. In realtà non è così: senza educazione alla democrazia si creano delle storture nel sistema istituzionale che possono portare, nella peggiore delle ipotesi, alla sua stessa implosione. Tutto ciò è ancora più vero in una realtà così complessa e purtroppo non da tutti riconosciuta come quella europea." "La prova di come sia grave il deficit democratico europeo - ha concluso Criscenti - sta nella mancanza di poteri del parlamento di Bruxelles rispetto ai parlamenti degli Stati membri".


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Attaguile ha invece indicato alcuni dei successi che l'Unione europea ha conseguito fino ad oggi: "Se da 50 anni non ci sono guerre, se siamo riusciti ad ottenere, pur tra mille difficoltà, la coniazione di una moneta unica, vuol dire che il processo di creazione europea ha già ottenuto risultati importanti. Non dimentichiamo che la nascita di un mercato unico è stata fondamentale affinché numerose imprese potessero competere a livello globale". "Eppure - ha continuato - ci sono dei campanelli d'allarme da non sottovalutare: ad esempio, questa grande struttura sovranazionale non è ancora riconosciuta da tutti. Ci sentiamo italiani, tedeschi, spagnoli, ma non europei. E questa situazione sta alla base del nanismo politico che purtroppo caratterizza l'Unione. Il problema è ancora più grave in Italia dove esistono delle realtà amministrative strettamente locali come le Regioni. L'Europa è una casa da costruire tutti insieme e per questo è necessaria la partecipazione diretta dei cittadini ai poteri decisionali".

Granese ha invece parlato dei "Processi formativi istituzionali e sociali nella tradizione e nelle prospettive della cultura europea": "Il grosso problema dell'Unione oggi - ha detto il docente cagliaritano - è rappresentato dal fatto che essa non riesce ancora a governare se stessa. Deve contribuire alla governance del mondo tenendo in considerazione i problemi della governance stessa. Solo in questo modo può superare una volta per tutte il suo nanismo politico. L'Europa deve essere consapevole dei suoi mezzi, della sua cultura, della sua storia: l'invenzione della stampa, la rivoluzione scientifica e industriale, l'Illuminismo, il Rinascimento sono state tutte fasi fondamentali della storia dell'uomo e sono nate e si sono sviluppate nel Vecchio Continente".


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Ha concluso la mattinata Graziella Scuderi con una relazione dal titolo "La questione europea rimanda ad un problema di educazione?": "Oggi viviamo in fase di profonda crisi della cultura, una crisi parallela a quella della cultura pedagogica. E senza di essa sono impossibili sia l'interpretazione del presente sia la creazione di una mentalità europea. Nel 1950 a Venezia nasceva la Società europea di Cultura che si poneva  come l'organo della funzione sociale della cultura. Una funzione che era essenzialmente di pace e di libertà. Dobbiamo recuperare a tutti i costi questo concetto di cultura, perché esso sta alla base dell'Europa unita". L'incontro è proseguito nel pomeriggio con le relazioni di Anna Tylucinska, docente di Letteratura italiana all'Università di Varsavia, di Renata Livraghi, docente di Economia del lavoro dell'Università di Parma e di Roberta Piazza, docente di Educazione degli adulti all'Università di Catania. Quest'ultima ha relazionato su come "Apprendere la cittadinanza in età adulta", e ha sottolineato che "il problema della cittadinanza europea non deve riguardare solo le nuove generazioni. Anzi, il sentirsi europei forse è molto più complesso per gli adulti che non per i giovani. Infatti, gli adulti sono cresciuti e si sono formati in un'epoca in cui l'Unione europea era appena nata ed era una realtà poco nota. Eppure, l'apprendere la cittadinanza da parte degli adulti è fondamentale: sono loro infatti che ancora hanno il potere politico e decisionale; dalle loro scelte dipende il futuro dei giovani".

Il ciclo di conferenze prevede altri tre incontri ("Lifelong learning in Europa", "Culture europee e cultura mondiale" e "Lo sport per la democrazia. Un confronto in Europa") che si svolgeranno tra novembre 2007 e maggio 2008.