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Notizie
Festival dell'Etna

Il vulcano di Gullotta e il Ciclope di Pirrotta

Grande successo per gli spettacoli organizzati dalla facoltà di Lettere all'auditorium dei Benedettini per la rassegna dedicata alla "muntagna" dei siciliani

 
 
25 maggio 2007
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Nell'auditorium "Giancarlo De Carlo" del Monastero dei Benedettini, stracolmo di pubblico, Leo Gullotta (a destra nella foto di Antonio Caia) ha regalato ai catanesi una intensa lettura di brani dell'immaginario letterario poetico-narrativo sull'Etna. "Etna colonna del cielo", il verso di Pindaro nell'ode che celebra la nascita dell'Etna, era il titolo della performance che la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Catania ha messo in programma nel Festival per l'Etna che si è svolto dal 19 al 22 maggio.
Gullotta ha recitato con straordinaria intensità drammatica un testo a cura di Ezio Donato e Rosario Castelli che annodava gli sparsi fili della mitologia etnea fra poesia, rari documenti e narrativa contemporanea. L'attore catanese era accompagnato dalle musiche e dai canti arrangiati da Carlo Insolia ed eseguiti da Andrea Balsamo Alessandra Barbagallo e Salvatore Disca, allievi della Scuola d'Arte drammatica del Teatro Stabile di Catania. La mise en espace era curata dallo stesso Donato.


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Con alle spalle un suggestivo fondale pittorico dell'Etna vista dal mare allestito dallo Stabile di Catania, Gullotta ha ripercorso l'immaginario del Mongibello come un'enciclopedia simbolica dell'ignoto, una metafora cosmica delle forze del bene e del male, dove il regno della vita e quello della morte si toccano e sembrano rimandare a una loro primigenia intimità. Dalla Teogonia di Esiodo (700 a. C.) fino alle possenti pagine del verismo siciliano di Verga e De Roberto, l'Etna oggi ci guarda come se fosse ormai incapace di ispirare in poeti e scrittori una diversa riflessione che dia senso al destino dell'isola che fu patria degli Dei.

Nell'ultima giornata il Festival della facoltà di Lettere ha riproposto il mito antico dell'accecamento del Ciclope (foto in basso, di Antonio Caia) ad opera di Ulisse. Presentata da Paolo Cipolla e Carmelo Crimi, la compagnia di Vincenzo Pirrotta ha recitato un testo classico, il dramma satiresco Il Ciclope di Euripide, nella splendida traduzione in siciliano di Luigi Pirandello, operazione teatrale di tutto rispetto dello scrittore girgentano.


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Utilizzando la traduzione italiana di Ettore Romagnoli, pubblicata nel 1911, Pirandello nel 1919 ridava infatti vita ai personaggi del mito accentuando mirabilmente gli aspetti comici ed umoristici già presenti in Euripide, grazie all'uso sapiente di un dialetto individualizzato per ogni personaggio. Lo spazio del dramma - le aspre pendici dell'Etna - ne viene intensamente potenziato: è come se i personaggi del mito, formulando emozioni e pensieri nel dialetto dell'isola, proprio grazie a questo dessero voce ai loro intimi umori, alle più viscerali e nascoste pulsioni. Singolare l'approccio di Pirandello al testo di Euripide: lo scrittore moderno ha smontato la macchina teatrale antica e ce ne ha restituito un'articolazione quasi meccanica, da teatro dei pupi. Precisamente questa la direzione in cui sono andate le scelte registiche di Pirrotta, interprete pure del personaggio di Ulisse. Ottimi pure gli altri attori: Giovanni Calcagno (Ciclope), Filippo Luna (Sileno), Antonio Silvia (il corifeo) e il Coro composto da Marcello Montalto, Salvatore Ragusa, Mario Spolidoro ed Emanuele Esposito. Suggestive e incalzanti le musiche di scena e vivissimo il successo decretato da un pubblico attento e affascinato dall'altissima qualità dello spettacolo.