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Lenzi: "Nessun timore della valutazione"

Il presidente del Cun a Catania: "Mostriamo al Paese i punti di forza dell'Università italiana". Intervista esclusiva al Bollettino d'Ateneo. Leggi anche: "Studi in agraria, le proposte per migliorare la qualità della formazione"

 
 
07 maggio 2007
di Mariano Campo
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Nessuna paura della valutazione, maggiore dialogo con la società civile, richiesta di risorse più significative per la formazione e la ricerca, fattori strategici per il Paese così come avviene in Cina o in India. Sono queste le tre parole d'ordine che il presidente del Consiglio universitario nazionale, Andrea Lenzi, ha voluto lanciare alla comunità accademica catanese, intervenendo venerdì scorso all'incontro sull'attuazione della riforma didattica promosso dalla conferenza permanente dei presidi delle Facoltà di Agraria che si è tenuto nella sede del Polo bioscientifico di via Santa Sofia.

"Attendiamo il via libera della Corte dei conti sul decreto attuativo della legge 270 del 2004 - ha spiegato Lenzi nell'intervista concessa al Bollettino d'Ateneo -. Questo passaggio renderebbe finalmente efficace la trasformazione delle classi di laurea decisa dal precedente governo, intervenendo in tal modo sulle criticità del modello "3+2", e soprattutto definendo in maniera più appropriata i percorsi professionalizzanti per gli studenti in relazione agli sbocchi sul mercato del lavoro, la mancanza dei quali non ha permesso di assegnare un'identità precisa, e una conseguente "appetibilità" occupazionale, ai laureati triennali". I tempi per giungere alla laurea si sono certamente ridotti rispetto a prima, riflette il presidente del Cun, ma ciò è stato più per merito degli studenti che si sono visti costretti a forzare i propri ritmi di studio che per ragioni strutturali.

Professor Lenzi, qual è la valutazione del Cun sulle ultime proposte di intervento avanzate dal governo e dal ministro Mussi?
"Per quanto riguarda l'istituzione dell'Anvur, l'agenzia di valutazione dell'università e della ricerca, è ovviamente ottima l'idea della terzietà del soggetto valutatore. Siamo ben felici che finalmente ci sia, anche se vanno evitate sovrapposizioni di compiti con altri organi, compreso lo stesso Cun. Sulla bozza di regolamento per i concorsi dei ricercatori, pervenutaci pochi giorni fa, il Consiglio si esprimerà in una delle prossime sedute, quindi sono in grado di esprimere al momento soltanto un'opinione personale. Mi sembra che i meccanismi di valutazione che si propongono per questo primo livello di accesso all'università siano un po' troppo complessi nella loro realizzazione pratica: nessuno deve temere, lo sottolineo a chiare lettere, di essere valutato da 50 persone, ma questo può apparire uno spreco di risorse e comportare inoltre una tempistica difficilmente rispettabile. Se prima il reclutamento era troppo semplice, oggi rischia dunque di diventare troppo complesso: e non sempre complicare in tal modo il sistema è garanzia di trasparenza. Un'altra criticità la individuo nei criteri per la distribuzione delle risorse connessa al reclutamento straordinario di circa 2000 nuovi ricercatori stabilito dalla Finanziaria, che, riferendosi a parametri pregressi, non lascerebbero troppi margini per una programmazione virtuosa nell'immediato futuro da parte dei singoli atenei. Riconosciamo al ministro Mussi la volontà di provare ad innovare seriamente il sistema universitario ma non è giusto, nel momento in cui si pensa ad allargare la base della piramide, bloccare tout court i concorsi per associati ed ordinari, ingolfando così il sistema. Questa impasse è ovviamente causa di insofferenza diffusa, come abbiamo espresso chiaramente in una delle ultime mozioni del Cun, e un'università arrabbiata non fa comodo a nessuno".

Quali messaggi ha voluto lasciare alla comunità accademica catanese il presidente del Cun?
"Sono gli stessi che rivolgo in ogni occasione utile ai docenti di tutte le università italiane. Provo a riassumerli per punti. Il primo aspetto è che non dobbiamo avere nessuna paura di essere valutati, poiché è da una valutazione seria e rigorosa che passa la qualità dei nostri atenei e la competitività della nostra ricerca. Il secondo: università e ricerca sono strategiche per l'Italia, come per ogni Paese (basti guardare quanto investono ogni anno in questo settore delle "tigri" come India e Cina, ma anche numerose altre nazioni). Per questo non ci stancheremo mai di chiedere risorse adeguate. La terza esortazione riguarda una maggiore apertura alla società civile: dobbiamo essere in grado di spiegare quanto le nostre attività siano importanti per l'economia e la società italiane, eventualmente anche accettare le critiche. Sono convinto che l'università italiana necessiti di un grande ufficio per le pubbliche relazioni, capace di mostrare all'esterno le positività del nostro sistema e di giustificare il vantaggio degli investimenti, altrimenti rischiamo di finire sui giornali sono per fatti di cronaca legati a fattori devianti. Infine, dico ai docenti: non lasciatevi deprimere dalle attuali condizioni dell'università italiana, ma impegnamoci tutti per riuscire a scongiurare il grave rischio di stasi che incombe sul nostro sistema accademico e rilanciare così una delle istituzioni più importanti del Paese".