
Odile è la "piccola sorella" di Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987, martire perchè protagonista di una rivoluzione pacifica dalle forme democratiche africane che ha voluto significare il capovolgimento delle forme di potere in nome della dignità dei poveri, il rovescio di un regime maschilista, slegato da ogni logica di asservimento alle politiche delle multinazionali.
Gli occhi di Odile ci mostrano il colore stesso della sua terra. La sua voce è chiara, determinata a incontrare il pubblico accorso alla Biblioteca Civica Ursino Recupero, mercoledì 18 aprile, ossia una settimana prima dalla nuova legge per i diritti della gente straniera in Italia.
Catania, ci dice prima della sua conferenza, è una città dove i palazzi le sembrano "troppo scuri", eppure "la gente vive con modi che in qualche modo ricordano la mia terra natale". Odile è qui per parlare, invitata dalla facoltà di Lingue e letterature straniere e dall'associazione Quassud per parlare dell'Africa, dei modelli organizzativi popolari, dell'azione di cooperazione per la promozione del Burkina Faso.
E' qui, con la voglia di collegare quel mondo all'Europa, perchè intende aiutare l'evoluzione della vita sociale del suo paese. Non è sola: con lei c'è Eugenio Melandri, presidente di "Obiettori non violenti", fondatore con Dino Frisullo (morto alcuni anni fa) dell'Associazione "Chiama l'Africa", di cui è l'attuale coordinatore. Melandri è anche direttore della rivista "Solidarietà internazionale", che si occupa della cooperazione internazionale e dei micro-progetti alla gente povera del terzo mondo. Il messaggio della sua rivista è la solidarietà, come forma della società e della politica, la pace, la non violenza.

Le prime parole di Odile rivelano il senso del suo intervento: "E' un onore per me essere qui, parlare in questa università, starvi accanto e incontrare la vostra cultura. Ogni università è un luogo della riflessione e dello scambio delle idee. Qui, posso raccontarvi ciò che avviene nel mio paese, delle azioni per promuovere la vita di tutta la gente, delle donne che occupano una fascia importante che deve conquistare protagonismo politico. Ogni università è innanzitutto un luogo della possibilità di potere conoscere. Per me conoscere è potere, e questo lo capisco poiché vengo da un paese dove tuttora esiste molta ignoranza e condizionamenti. Dove c'è ignoranza non c'è possibilità di avere potere, cioè di potere fare delle scelte libere e democratiche".
Odile vive da quindici anni in Francia, dove fa l'attrice di teatro e di cinema. Parla anche del motivo per cui ha scelto questa forma artistica come modo sociale di parlare alla gente. Ci spiega che il teatro aiuta a reinterpretare i testi dei letterati africani e li fa conoscere alla stessa gente africana. Ci spiega, con l'aiuto degli amici di Quassud, che in Africa uno dei tanti conflitti è quello linguistico per via delle diverse lingue europee che sono state imposte dalla colonizzazione. E che questo è un vero e proprio problema, per gli stessi scrittori che devono scrivere i propri testi in più lingue per non rimanere isolati e per avere una funzione sociale e politica verso la propria terra e la loro comunità di appartenenza.
Anche il teatro è un potere, una modalità precisa per dare messaggi e segnali precisi a chi è davanti a te. "Nel mio paese - racconta - le donne che fanno teatro e letteratura e danza sono viste con particolari pregiudizi. Io ho scelto di fare del teatro, un modo per promuovere la creatività delle donne e il talento femminile, dentro il Burkina Faso, dove è necessario sostenere il "talent des femmes" e la loro azione". Sta parlando dell'azione sociale che le donne ormai svolgono in Africa.
Odile spiega come in Burkina Faso le donne costruiscono il fondamento della vita familiare, perchè si occupano dei tanti aspetti della vita della loro casa. E poi si occupano della vita del paese: oggi infatti sono proprio le donne che, attraverso le organizzazioni non governative, curano quelle azioni di promozione economica che sono i micro crediti alle piccole aziende familiari".
Quali le difficoltà? Da cosa sono determinate? Quali i condizionamenti? Odile spiega che il lavoro viene svolto a partire dalla promozione alla consapevolezza politica e all'autodeterminazione: "Molte donne condizionate dai pregiudizi dei mariti, all'inizio non si sentono all'altezza, si sentono timide e si bloccano, poi si lasciano andare e si inseriscono bene".

Odile ci parla anche di Thomas, suo fratello, ucciso perchè ha osato dare la voce ai deboli, alla non violenza politica, al protagonismo della donne. Ecco perchè Odile ha voluto fare leva sulla letteratura e sul teatro, perchè essi sono strumenti per levare in alto la parola della rivoluzione dei dirirri d ciascuno. Con la memoria di Thomas, è andata a lavorare in Francia per costruire nuove relazioni di cooperazione tra il vecchio continente e quello a cui mai è stata riconosciuta alcuna dignità, se non quella della vendita delle ricchezze, delle risorse e persino della vita umana.
Sulla memoria della Africa, sul diritto alla vita degli africani e sulla memoria di Thomas si è soffermato Eugenio Melandri. Che ha denunciato con chiarezza che parlare di Africa oggi significa bucare un muro di silenzio e di disinformazione.
L'Africa è un continente sconosciuto o conosciuto male. Ma è anche quel continente che ha donato al mondo persone come Amical Cabral, Patrice Lumumba, Steve Biko, Nelson Mandela, Wagari Muta Maathai, Alfred Luthuli. Donne e uomini che sono emersi nella politica, nell'arte, nella letteratura. Gente che ha avuto la forza di resistere con la non violenza alla oppressione dei bianchi.
Dice Eugenio Melandri, una volta prete saveriano, oggi laico impegnato con la società civile: "Si parla dell'Africa quando si parla di gente che non conta. Che cosa è avvenuto in questi anni? Sarebbe interessante capire che approccio abbiamo noi, anche noi che vogliano aiutare. Quale prassi èsiste per aiutare la cooperazione africana? Molti progetti che partono dall'occidente, e dall'Europa, hanno come fine quello di sfruttar i poveri, strumentalizzare la povertà. E una storia che dura da secoli. La storia dello sfruttamento dell'Africa ha ormai più di cinquecento anni".
L'Africa ha avuto un impatto con l'Europa che è stato letale, drammatico. "L'Africa - insiste Melandri - è una sorta di scandalo geologico, dove ci sono enormi ricchezze, risorse enormi sfruttate prima dalle potenze coloniali, poi dai governi e dalle dittature che hanno trattato gli africani come bestie, e ancora oggi dalle multinazionali. per questo bisogna denunciare che la prima povertà da cui l'Africa deve risorgere è quella antropologica, quella di un continente che ha bisogno di essere riconosciuto nella sua dignità. La prima cosa che gli abbiamo rubato.
Gli africani rivendicano oggi la loro pelle come il luogo di partenza della loro dignità, rivendicano pari dignità sociale e politica a partire da esperienze di partecipazione popolare che non viene adeguatamente promossa dalla informazione e dall'opinione pubblica in Europa. Non ci vuole un approccio pietistico di carattere assistenziale, ma una cooperazione voluta, a partire dalla società civile di ogni città, che li aiuti a rovesciare la loro situazione di povertà.
Dice ancora Melandri: "Thomas Sankara ha lottato per rivendicare la dignità del suo popolo, il diritto del suo popolo a partire dalla cultura africana. Volevo ricordare quando Thomas ha ricevuto Mitterrand vestito da africano, facendogli mangiare il cibo africano. E Mitterrand si offese. L'idea di fondo è quella di dire agli africani di cambiare, di essere come noi. Thomas Sankara è stato ammazzato perchè ha rivendicato idee estremamente forti, non certo per una faida di palazzo, come altre personalità africane, perchè non si è allineato. La sua memoria ci aiuta a domandarci sull'approccio nuovo per comprendere e promuovere l'Africa".