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Giurisprudenza

Giustizia dei minori e della famiglia, gli attestati finali ai corsisti

Lunedì 19 marzo cerimonia conclusiva per il corso di perfezionamento post-lauream. A seguire una tavola rotonda sulla criminalità minorile a Catania

 
 
19 marzo 2007
di Giuseppe Melchiorri
Univ Juris Master Giustizia minorile 20-3.jpg

Agata Arizza, Santa Barresi, Lisiana Campo, Riccardo Campochiaro, Silvana Cannistraci, Maria Cristina Castiglione, Teresa Coppola, Carmelo Di Luca Cardillo, Aurora Di Mattea, Valentina Fargione, Caterina Galasso, Maria Grillo, Maria Concetta Lanza, Valentina La Verde, Giuliana Mauceri, Monica Orlando, Erminia Patanè, Concetta Piccione, Davide Restifo, Mirella Restifo, Maria Luisella Russo, Irene Saccomando, Francesca Scrivano, Tiziana Torrisi, Daniela Zappalà. Sono i nomi  dei 25 allievi del Corso di perfezionamento post-lauream in Giustizia dei Minori e della Famiglia, organizzato dal Centro di ricerca sulla giustizia dei minori e della famiglia in collaborazione con la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania.
Oggi pomeriggio, nell'aula magna della stessa facoltà, si è svolta la cerimonia finale del corso e, alla presenza del rettore Antonio Recca, del preside di Giurisprudenza Luigi Arcidiacono e del coordinatore scientifico del corso e direttore del Centro di ricerca Enzo Zappalà, sono stati consegnati gli attestati di partecipazione agli studenti.


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Zappalà ha spiegato che "la criminalità minorile è un problema sul quale da tempo la società ragiona, ma fino ad oggi non sempre sono state date risposte convincenti. E' una problematica complessa e quindi ci vogliono delle professionalità adeguate. Perciò abbiamo pensato a questo Corso di perfezionamento: l'obiettivo è fornire ogni anno al nostro territorio professionisti in grado di affrontare questi problemi". "I ragazzi -ha continuato il coordinatore del corso- hanno svolto 80 ore di tirocinio di stage ciascuno presso alcuni enti come il Centro di prima accoglienza e il Tribunale per i Minorenni di Catania. Ringrazio i responsabili per come li hanno accolti e perché hanno dato loro questa possibilità".
Recca ha auspicato inoltre che "gli studenti di questo Corso possano essere utili al territorio per affrontare un problema, quello della microcriminalità, che in Sicilia è forse più grave che in altre parti. Ma affinché si ponga un freno a questo fenomeno, c'è bisogno della collaborazione di tutti; in particolare mi auguro che in futuro vi sia una maggiore interazione tra mondo universitario ed enti locali". Ha concluso gli interventi il preside Arcidiacono che ha elogiato il lavoro svolto da allievi e docenti  confermando che quello appena concluso "è uno dei corsi di punta della facoltà, in quanto ridonda a vantaggio della società e della formazione dei giovani. Proprio per questo motivo, durante il prossimo Senato accademico, dovrebbe arrivare il via libera ufficiale per il suo rinnovo".
Uno degli allievi, Riccardo Campochiaro, ha parlato delle attività svolte durante questo corso e delle prospettive future dei partecipanti: "Svolgere il tirocinio in diversi enti del settore è stato molto importante per la nostra formazione. E' prevista, anche se ancora non se ne conoscono i tempi, la creazione di un albo ufficiale dei difensori di minori e con questo attestato avremo la possibilità di farne parte".


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Dopo la consegna degli attestati si è svolta una tavola rotonda sul tema "Grido d'allarme per la criminalità minorile a Catania?" alla quale hanno partecipato Angelo Busacca, procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Catania, Antonia Chiarenza, direttore del Centro di prima accoglienza di Catania, Carlo Pennisi, direttore del Dipartimento di Sociologia e metodi delle scienze sociali e Vania Patanè, docente di Procedura penale all'Università di Catania.
Busacca ha sottolineato che "da un po' di tempo, ad ogni apertura di anno giudiziario poniamo la questione della criminalità minorile. Il problema fondamentale è che non si tratta solo di criminalità organizzata: fenomeni come il bullismo, ad esempio, sono tipici di ragazzi che provengono da famiglie "normali" che troppo spesso, però, non riescono a svolgere correttamente la loro funzione educativa. E' un problema sociale che va risolto con la prevenzione più che con la repressione; è illusorio pensare che la giustizia ordinaria possa risolvere i problemi sociali".