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Ateneo

Serafini: "Legare l'università al territorio"

"Riforme fino ad ora poco efficaci", ha detto il consigliere di amministrazione, "occorre fare ancora di più per gli studenti"

 
 
27 febbraio 2007
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«Le università degli studi rischiano ancora una volta di essere investite dall'ennesima riforma degli ordinamenti didattici, dopo una serie di tentativi che in questi anni si sono rivelati poco efficaci per la risoluzione dei diversi problemi che afferiscono al mondo universitario. L'autonomia amministrativa, che pure ha sconvolto i criteri di finanziamento e di attribuzione delle risorse agli atenei italiani, non ha fino a questo momento raggiunto lo scopo di aprire il mondo universitario al serio contributo, non solo economico, ma anche di progetti e di idee, del mondo dell'impresa e del sociale».
È con queste parole che esordisce il rappresentante degli studenti di I livello in seno al Consiglio di amministrazione d'Ateneo Sergio Serafini, eletto alle ultime consultazioni come rappresentante del cartello "Alleanza universitaria - Azione giovani - Trinacria - Controcampus"  in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2006/07. «L'idea di un'università saldamente ancorata al rapporto con le capacità e con le produttività del territorio su cui insiste - aggiunge Serafini - è rimasta lontana da un'effettiva realizzazione, sia per le mancanze del legislatore, le cui misure sono apparse fin qui inadatte, sia per la scarsa capacità attrattiva dimostrata dagli Atenei nei confronti degli investimenti dei privati e del mondo del lavoro».


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«I continui cambi di ordinamento degli studi - spiega - che anche di recente hanno comportato agli studenti notevoli disagi per avere pochi vantaggi, sono sembrati onesti tentativi alla ricerca della panacea di tutti i mali, più che interventi conseguenti a riflessioni avvedute ed effettuate con cognizione di causa. Prova ne sia che, a distanza ormai di diversi anni, ci si continua a interrogare sulla bontà del cosiddetto 3+2 e su possibili nuovi orizzonti che in realtà, come nel caso della nuova Laurea magistrale in Giurisprudenza, sembrano più che altro dei ravvedimenti».
In particolare, secondo il rappresentante degli studenti, appare fino ad ora problematico il rapporto tra i nuovi corsi di primo livello e il mondo del lavoro. Resiste, infatti, tuttora una certa diffidenza, non soltanto da parte dell'imprenditore, ma anche da parte degli enti pubblici, nel riconoscere le competenze acquisite con i corsi triennali, con il risultato di consentire la proliferazione di corsi di laurea, non sempre effettivamente capaci di specializzare il laureato, fornendogli specifiche ed utili competenze.


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«L'ateneo di Catania - prosegue Serafini - si sta certamente impegnando nel cercare di superare questi evidenti problemi che investono in maniera generale la quasi totalità dei centri accademici nazionali. Il tentativo di valorizzare le capacità e le risorse delle nostre dodici facoltà non può non essere accompagnato dalla ferma volontà di privilegiare lo studente in quelle che sono le due maggiori funzioni che un ateneo è chiamato ad assolvere: la funzione dell'apprendimento e la funzione della ricerca».
Per quanto riguarda le strutture, gli studenti segnalano inoltre che il costante aumento del numero degli iscritti ha incrementato le difficoltà delle facoltà di reperire spazi nei quali svolgere adeguatamente le attività didattiche, problema questo già esploso sia per quanto riguarda le sedi del centro storico, sia per quanto riguarda la cittadella universitaria. Sembrerebbe necessario allora ripensare appropriati spazi di sviluppo per le strutture d'ateneo nelle periferie della città; operazione per la quale è fondamentale una maggiore cooperazione da parte degli Enti locali, che devono assumere come prioritario questo impegno per lo sviluppo urbano. In quest'ottica, problematica è anche la situazione che investe le sedi decentrate: «Bisogna partire innanzitutto dalla considerazione che è necessario assicurare agli studenti un più che corretto funzionamento delle strutture universitarie, che non può essere inferiore allo standard medio di qualsiasi altro ateneo».