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Recca: "Puntare sull'economia della conoscenza"

Il discorso del rettore ha inaugurato l'anno accademico 2006-07: "Valutazione come strumento indispensabile per la responsabilità e le scelte, affrontare il nodo del decentramento universitario"

 
 
27 febbraio 2007
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"E' urgente un progetto di sviluppo di tutto il sistema universitario, forte di opportuni strumenti normativi e di risorse adeguate al funzionamento degli atenei, per puntare sull'economia della conoscenza come percorso decisivo per affrontare le sfide della competitività e per combattere la disoccupazione. Avendo sempre presente, come richiesto dalle strategie europee, che il capitale umano rappresenta la risorsa fondamentale sulla quale investire".
E' questa la richiesta prioritaria espressa dal rettore dell'Università di Catania, Antonino Recca, nel suo discorso inaugurale della cerimonia di apertura dell'anno accademico 2006/2007, 572° dalla fondazione dell'Ateneo catanese. Un messaggio che oggi viene indirizzato all'ampia platea di rappresentanti istituzionali presenti, ma che il rettore aveva già inoltrato, seppur a brevissima distanza dal suo insediamento alla guida dell'università etnea, avvenuto ai primi del mese di novembre 2006, ai ministri Di Pietro e Padoa-Schioppa, presenti in due manifestazioni ospitate da strutture universitarie all'inizio del 2007. In particolare, al ministro dell'Economia era stato fatto presente che "la finanziaria non aveva dato alle università italiane risposte adeguate alle loro necessità, cosicché era il caso di individuare, presto ed insieme, urgenti e indifferibili interventi strutturali a sostegno delle iniziative universitarie per la qualità della ricerca scientifica e della didattica, settori strategici per ogni Paese sviluppato e che vuole essere, con successo, competitivo".
"La cerimonia d'inaugurazione dell'anno accademico - ha ricordato Recca, citando il tormentato iter di approvazione dell'ultima legge finanziaria e le conseguenti proteste della Crui - rappresenta un momento di riflessione sulle attuali condizioni e sulle prospettive del sistema universitario italiano nel suo complesso. Per questo, pur consapevoli delle esigenze di risanamento dei conti pubblici e di una razionalizzazione degli investimenti, delle scelte, della destinazione e dell'uso delle risorse, ribadiamo in questa occasione l'urgenza di un progetto di sviluppo del sistema formativo della popolazione italiana e del sistema universitario, nella consapevolezza che il capitale umano rappresenta la risorsa primaria sulla quale investire. Soprattutto quando la ricerca, l'innovazione e la formazione vengono indicate come le tre componenti fondamentali per modernizzare le aziende e il Paese, il sistema imprenditoriale italiano costituito da numerosissime micro aziende".
"Da parte degli atenei - ha proseguito il rettore - viene detto chiaramente che senza risorse non si può andare avanti, che non può bastare l'impegno a migliorare più avanti nel tempo la situazione dei vincoli di spesa. L'Agenzia nazionale per la valutazione che il governo ha messo in cantiere è certamente uno strumento positivo per gli atenei che puntano sulla qualità della ricerca. Ma va adeguatamente considerato che la qualità della ricerca scientifica non è, ne mai potrebbe esserlo, affatto disgiunta dalla qualità della didattica. Ricerca e didattica procedono anzi di pari passo, intersecandosi ed integrandosi. Per essere di qualità, per puntare sulla qualità, sono necessari adeguati finanziamenti, specifiche risorse umane: oltre ai docenti ed al personale tecnico e amministrativo, sono necessari giovani ricercatori, dottori ed assegnisti di ricerca, nuova linfa vitale per ravvivare la ricerca scientifica e per puntare decisamente sull'economia della conoscenza".


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"Dal pieno Medioevo in poi - ha evidenziato Recca - le università sono state l'efficace strumento, la struttura portante, per la diffusione della conoscenza nel nostro Paese e in Europa. Una funzione che rimane centrale e sicuramente ben più  rilevante di prima. Oggi, alle università, pubbliche in quanto espressione dello Stato ed incaricate di svolgere una funzione sociale il cui fine ultimo consiste nell'interesse collettivo e nella costruzione del futuro, è riconosciuto un ruolo primario. Un ruolo che è sostenuto da precisi e fondamentali valori, che la Costituzione riconosce e sancisce: la libertà di pensiero e di ricerca; l'autonomia didattica, scientifica e organizzativa; la partecipazione di tutte le componenti al governo; l'assoluta trasparenza. Per questo, riferendoci al cammino originatosi a Bologna nel 1999 e che ha toccato le tappe dell'Agenda di Lisbona 2000 e poi di Barcellona, il primato della conoscenza e la finalità dell'integrazione europea, quale strumento efficace per il confronto internazionale e per il dialogo multietnico - per noi sempre più importante data la nostra posizione geografica al centro del Mediterraneo -, sono fondamentali per la crescita culturale, sociale ed economica dell'Italia e dell'Europa. Una crescita che abbiamo il dovere di garantire e di lasciare ai nostri figli, di affidare ai nostri studenti, di tramandare alle più giovani generazioni". 

Le principali criticità del sistema universitario italiano
Nella sua relazione il rettore Recca ha riportato alcuni dati di sistema riguardanti il panorama universitario nazionale. "Risultano purtroppo crescenti i tassi di abbandono, di ripetenza e di fuori corso degli studenti: uno studente su cinque non rinnova l'iscrizione all'università dopo il primo anno; il  40% degli iscritti è in ritardo rispetto al normale percorso degli studi, il 64% dei laureati conclude da fuori corso gli studi. Inoltre, un altro dato che caratterizza oggi l'università italiana, e che è andato sviluppandosi nell'ultimo quinquennio, è rappresentato dal fatto che su 100 iscritti, soltanto 44 sono maschi. Aspetto, questo, che ci deve portare a riflettere, poiché quella attuale è la società della conoscenza, sulle tipologie e sulle prospettive di lavoro dei decenni che verranno, nonché sull'eventuale esistenza di forme di disagio e di volontario distacco che sono causa di una selezione occulta".
A tal proposito, il rettore ha messo l'accento sull'importanza di estendere al più presto a tutte le Facoltà i test preliminari obbligatori, orientativi e non selettivi, per le future matricole. "Le prove preliminari rappresentano, ed è per questo che bisogna ampliare il ricorso ad esse, una bussola per l'orientamento degli studenti nella scelta ragionata della facoltà e del corso di studi universitari. Occorre, dunque, investire sull'orientamento dei futuri studenti universitari, che avrebbe anche la funzione di consentire un uso virtuoso delle risorse finanziarie disponibili, evitando così le inutili dispersioni, di studenti e di risorse, e destinando le economie ad una migliore ed efficace razionalizzazione della spesa complessiva".
Il tasso degli abbandoni rimane infatti alquanto elevato nel passaggio dal primo al secondo anno, pari a poco più del 20% degli immatricolati; una percentuale, questa, che oggi viene considerata fisiologica. Se invece gli abbandoni avvengono in itinere, ovvero negli anni successivi al primo, allora il fenomeno assume una diversa fisionomia e deve portare a ben altra considerazione. "In questo caso - ha osservato il rettore -, la causa andrebbe ricercata prevalentemente nella mancata risposta adeguata alle esigenze degli studenti in termini di organizzazione degli studi, per l'assenza o per l'insufficiente loro coinvolgimento nei contenuti dei programmi e nelle modalità didattiche più efficaci ed efficienti".
Sempre in tema di orientamento e di prevenzione degli abbandoni, il prof. Recca ha sottolineato la necessità di collaborare sempre più con le scuole secondarie superiori, anche con interventi di sostegno personalizzati, negli ultimi due anni scolastici che si concludono con l'esame di maturità. "Ciò serve a preparare gli studenti ad una scelta oculata della facoltà presso la quale sostenere la prova preliminare di accesso, dai risultati della quale ricavare le indicazioni in ordine al percorso di studi universitari che li vedrà impegnati negli anni successivi".
Oltre ad un alto numero di studenti fuori corso riguardante le lauree del vecchio ordinamento, elevatissimo è il numero dei fuori corso e soprattutto dei ripetenti che si riferisce ai corsi di laurea, prevalentemente di primo livello, del nuovo ordinamento. Risultato, questo, che va ricondotto alla polverizzazione ed alla moltiplicazione degli insegnamenti, all'enorme crescita del numero dei corsi didattici (309 tra Catania e le sedi decentrate, mentre la disponibilità dei docenti è di appena 1.648 unità) oltre che agli sbarramenti nel sistema dei crediti.
Alla data dell'8 febbraio appena trascorso, le iscrizioni degli studenti ai diversi livelli di studio attivati nelle 12 Facoltà del nostro Ateneo ammontano a poco più di 64.000, 30.400 dei quali come fuori corso e soprattutto come ripetenti. Nell'anno accademico 2005-2006, i laureati sono stati 5.126, ovvero appena uno ogni dodici studenti comunque iscritti.
"Oltre a quest'ultimo aspetto - ha osservato ancora il prof. Recca -, un dato deve invitarci a riflettere: al primo anno dei corsi di laurea di primo e di secondo livello (nel secondo livello in numero esiguo rispetto al primo livello), e di specialistica a ciclo unico, gli iscritti sono complessivamente 17.670, ma al secondo anno gli iscritti sono 8.184. Segno evidente, questo, che il fenomeno delle ripetenze caratterizza prevalentemente il passaggio dal primo al secondo anno. E ciò comporta non soltanto la riduzione di risorse provenienti dal fondo di finanziamento ordinario, ma anche un dispendio di risorse interne".
Va ricordato infine che, per quanto concerne le spese per la ricerca, l'Italia è molto lontana, con il suo poco più dell'1% sul prodotto interno lordo, dall'obiettivo del 3% fissato dall'Agenda di Lisbona, ed è ampiamente distaccata da quasi tutti i Paesi europei. Inoltre, il fondo di finanziamento ordinario degli atenei  è sempre più inadeguato e insufficiente a soddisfare il reale fabbisogno. E' quasi interamente assorbito dagli stipendi del personale, i cui emolumenti fissi sono cresciuti, nel periodo che va dal 2001 al 2006, in misura doppia rispetto all'incremento del fondo. E cioè,  posto 100 il valore del fondo di finanziamento ordinario nel 2001, esso è diventato 112 nel 2006, ma nello stesso periodo gli emolumenti fissi per gli stipendi del personale sono passati dal 100 iniziale a 124.

Riforma della didattica, cultura della qualità e valutazione
Tra le proposte positive da parte del governo sulla revisione dei corsi di studio, il rettore Recca considera importante l'idea che gli esami per i corsi di laurea triennale non siano più di venti e che non più di dodici siano quelli per il biennio della laurea magistrale; e che siano almeno la metà i docenti di ruolo di ogni corso di laurea del vecchio o del nuovo ordinamento già inquadrati nella struttura dell'ateneo, così da poter adempiere efficacemente al difficile compito di formare i giovani al sapere critico e alla ricerca. "Ed è sicuramente di rilevante importanza rimodulare completamente o addirittura sopprimere quei corsi di laurea che  non hanno trovato corrispondenza ed interesse, di ridottissimo numero di iscritti e di scarsissima frequenza, così da evitare sprechi e squilibri, puntando a realizzare un utilizzo virtuoso dei finanziamenti e delle risorse. In ogni caso, bisogna puntare sul rinnovamento dei contenuti e delle modalità di erogazione della didattica nel suo complesso, in particolare di quelli informatici, e sulla creazione di nuovi strumenti a sostegno di un'attività di ricerca scientifica finalizzata alla fruizione sociale dell'Università".
"La qualità - ha insistito il prof. Recca - deve caratterizzare l'Università nel rispetto dell'inscindibilità della didattica e della ricerca, ovvero l'attuale modello, che non diversifica affatto il ruolo e le funzioni degli atenei, la cui caratteristica fondante e operativa consiste, appunto, nell'assoluta integrazione tra ricerca scientifica e didattica. La valutazione del sistema universitario e della ricerca, affidata ad un'Agenzia nazionale esterna, è certamente uno strumento di notevole utilità, e direi indispensabile, ai fini della programmazione nazionale, della governance dei singoli atenei che intendono fondare il proprio rilancio sulla programmazione come criterio centrale di governance in stretto raccordo con il Nucleo di valutazione strategica; e che intendono avvalersi dello strumento della competitività per affermare, valorizzare e veicolare i caratteri definitivi e la specificità che li caratterizzano e che li distinguono, consolidando il senso di appartenenza ad una comunità scientifica e culturale".
"La valutazione, quindi, come cardine di un patto sociale, appunto, tra il Paese che investe nell'università e l'università che risponde adeguatamente alle esigenze ed alle richieste del Paese. Deve essere inoltre attivato un controllo mirato ad evitare sprechi e squilibri, puntando sempre a realizzare un utilizzo virtuoso delle risorse, prestando particolare attenzione anche alla medicina universitaria - verso la quale l'impegno è sicuramente già intenso e rilevante - con i docenti impegnati nella didattica, nella ricerca scientifica e nelle attività di formazione e di specializzazione, consapevoli che l'attività assistenziale costituisce uno dei principali fattori dell'università nei suoi rapporti con l'ambiente esterno".


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Il "nodo" del decentramento
"Occorre senza dubbio fare un esame di coscienza su come è stato realizzato il decentramento e sugli effetti che da esso sono derivati - ha precisato il prof. Recca -. Se l'obiettivo fosse stato il decongestionamento della sede di Catania, il risultato non sembra essere di rilevante portata. Nate sulla spinta di esigenze politiche locali, sicuramente mosse da buone intenzioni, le sedi decentrate non sempre sono risultate un investimento positivo per il nostro Ateneo".
Secondo il rettore, il livello della qualità dell'offerta formativa ne ha risentito, anche per le particolari condizioni di mobilità dei docenti, "quasi chierici vaganti di antica memoria", ed il fenomeno è addirittura nazionale, da una sede decentrata all'altra nel vasto territorio della Sicilia centro-orientale e meridionale. "In qualche caso - ha aggiunto - si è fatto ricorso a forme di tutorato affidato ad esterni e del tutto paragonabile alle forme di pseudopreparazione svolta da centri di recupero che di universitario ben poco e magari nulla hanno. Attivato su accordi di programma per assistenza didattica, esercitazioni, interventi didattici svolti da tutor locali".
Il rettore ha posto anche l'accento sul mancato rispetto delle convenzioni da parte dei Consorzi universitari che "oltre a causare notevole confusione agli studenti, con conseguente perdita d'immagine delle istituzioni, ha causato disagi e danni economici, difficilmente ripianabili, alla nostra Università per l'avvenuta distrazione di risorse economiche e strutturali. Abbiamo registrato anche disincentivazione all'iscrizione degli studenti nei corsi decentrati organizzati del nostro Ateneo ed incentivazione all'iscrizione nei corsi di laurea analoghi organizzati, ad esempio dall'Università Kore, nella stessa Enna, disattendendo l'indirizzo ministeriale che in quella sede potevano essere attivati corsi interateneo previa stipulazione di apposita convenzione con le Università statali interessate. E nonostante che da parte del Ministero dell'Università e della Ricerca sia stato messo in chiara evidenza che nella stessa sede non possono essere attivati corsi con la stessa denominazione".
La risposta passa quindi da una "necessaria riorganizzazione dei corsi di studio, da farsi con il coinvolgimento degli studenti, diretti interessati al confronto con i docenti sui contenuti dei programmi e sulle modalità didattiche. Fondamentale e di notevole importanza è il ruolo della Commissione paritetica, docenti e studenti, di ateneo, per la didattica, con competenze programmatiche, istruttorie e di verifica nel campo dell'organizzazione dell'attività didattica e dei servizi offerti agli studenti".

Rapporti con il territorio
"Dobbiamo dar vita ad un coordinamento più efficace con la Regione Siciliana - sottolinea Recca -, e contare su una grande partecipazione e un forte impegno da parte delle province e dei comuni. Cosicché, per quanto riguarda la nostra regione, il metodo della partecipazione democratica, della concertazione e della condivisione, del confronto costante con le forze sociali, imprenditoriali e sindacali, è irrinunciabile, in quanto fondamentale, per acquisire maggiore consapevolezza in ordine alle priorità ed all'urgenza degli interventi a favore dell'università, della ricerca scientifica, della cultura, della formazione di base dei giovani, quindi con particolare attenzione alla scuola, ora assai più di prima, nella considerazione che il 75% dei diciannovenni, concluso il percorso scolastico, entra nel sistema universitario".
"Dobbiamo dimostrare, da parte nostra - prosegue il rettore - di essere capaci di realizzare una proficua alleanza, di stabilire nuovi rapporti con i soggetti attivi del territorio, con le aziende e con gli enti locali, rendendo pienamente disponibili le nostre energie, le nostre competenze, la nostra capacità di ricerca scientifica, per un grande progetto di sviluppo che riguardi, in un contesto nazionale ed internazionale, le province del bacino d'utenza del nostro Ateneo e l'intera Sicilia. Insomma, costruire un fitto tessuto di relazioni tra l'università, la società nelle sue articolazioni, il mondo delle imprese e le altre amministrazioni pubbliche e di riferimento per il sostegno economico agli atenei". 

Conclusioni
"Un progetto di sviluppo del sistema universitario italiano, per migliorare il sistema formativo, è dunque urgente e non più rinviabile - sostiene il rettore -. Bisogna che trovi affermazione la cultura della qualità come strumento per contribuire in modo sostanziale al raggiungimento di obiettivi di miglioramento e di modernizzazione. Non sarà facile, in carenza delle necessarie risorse finanziarie ed umane, procedere con celerità e registrare successo nel processo di modernizzazione dell'offerta formativa. Un processo che comprende anche e soprattutto la riorganizzazione dei corsi di studio e delle lauree specialistiche, per far sì che ogni studente, di fronte a condizioni favorevoli alla migliore trasmissione dei saperi e dei valori, possa ottimizzare, in termini professionali e di inserimento nel mondo del lavoro, il profitto tratto dalla permanenza in ambito universitario ai diversi livelli, dall'eventuale partecipazione ai master di alto livello, alle scuole superiori d'eccellenza e di elevata formazione per l'acquisizione di elevata professionalità".