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Scienze politiche

"La terra è finita", ipotesi sul disastro ambientale prossimo venturo

Presentato nell'aula magna della Facoltà il nuovo libro di Piero Bevilacqua

 
 
01 dicembre 2017
di Giuseppe Melchiorri
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E' stato presentato lunedì 15 gennaio nell'aula magna della Facoltà di Scienze politiche dell'Ateneo catanese il volume "La terra è finita. Breve storia dell'ambiente" di Piero Bevilacqua, ordinario di Storia contemporanea dell'Università La Sapienza di Roma e presidente dell'Istituto meridionale di Storia e scienze sociali (Imes).

L'evento è stato organizzato dal Dipartimento dei processi politici sociali e istituzionali (Dappsi) della Facoltà di Scienze politiche e da Imes Sicilia. Dopo l'intervento introduttivo e i saluti di Rosario Mangiameli, docente di Storia contemporanea a Catania, hanno preso la parola l'autore, il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello e il direttore generale della Protezione civile Regione siciliana Salvatore Cocina.

L'incontro è stato anche l'occasione per parlare dei problemi dell'ambiente e del suo rapporto con l'uomo. "Questo testo - ha osservato Bevilacqua nel suo intervento di presentazione- ha una finalità strettamente didattica. Purtroppo la cultura ambientalista in Italia spesso è assai superficiale, così ho pensato ad un libro dal linguaggio chiaro e semplice, in quanto rivolto al grande pubblico. Il nostro futuro su questo pianeta dipende infatti innanzitutto dalla consapevolezza diffusa dei problemi dell'ambiente, ed è quindi fondamentale lavorare sul piano della più ampia divulgazione".

"Ho strutturato il volume - ha aggiunto Bevilacqua - cercando di ricostruire il modo in cui l'umanità è arrivata a minacciare la propria sopravvivenza. Io credo che la risposta a questa domanda stia nello sfruttamento dell'industrialismo capitalista. Da sempre l'uomo ha danneggiato l'ambiente, ma nel periodo precapitalista si strattava di sfruttamento a scala locale. I veri problemi sono iniziati quando, dopo la rivoluzione industriale, questo fenomeno ha raggiunto una scala globale". "Ecco perché - ha concluso l'autore - occorre fare molta attenzione alla tecno-scienza: l'innalzamento delle temperature e il buco dell'ozono sono la dimostrazione dei danni incalcolabili che questa ha provocato in pochi decenni".

In parziale disaccordo invece Lo Bello: "E' fuori di dubbio che esista un rapporto evidente tra degrado ambientale e sviluppo economico, ma dare la colpa solo a quest'ultimo è sbagliato. Dobbiamo riconoscere i meriti alla modernità capitalista che è stata anche la causa positiva del modello di civilizzazione occidentale. Stesso discorso per quanto riguarda le scoperte scientifiche: se da un lato non v'è dubbio che questo modello contenga tuttavia molte delle criticità relative alla fase storica attuale, d'altro canto dobbiamo evitare di diffidare a priori di tutte le scoperte tecnologiche. Piuttosto, dobbiamo cercare di lavorare per uno sviluppo ecosostenibile, in particolare per i Paesi dell'ex Terzo mondo".

Ha concluso Cocina che ha parlato dei danni che lo sfruttamento ambientale crea: "Nella mia esperienza alla Protezione civile ho potuto constatare che il nostro sistema insediativo è molto instabile: parlando del caso Sicilia è paradossale, solo per fare un esempio, il fatto che  il sistema di fornitura di acqua potabile dell'Etna sia in crisi per colpa delle continue cementificazioni. Dobbiamo quindi lavoare insieme per sconfiggere le attività illecite, in particolare il fenomeno dell'ecomafia". "Anche ad altri livelli -ha chiuso Cocina- la situazione è drammatica: a Catania e Palermo, le due più grandi città dell'Isola, l'inquinamento è diventato insostenibile. La soluzione? Vanno fatte scelte radicali che anche gli industriali devono appoggiare".