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In ricordo di Angelo Majorana

Morto a 96 anni il decano della psicologia siciliana, fondò e diresse per tanti annil'Istituto di Psicologia della nostra Università.

 
 
01 dicembre 2017
di Santo Di Nuovo

Alla notizia della morte di Angelo Majorana, maestro di scienza e di vita per me e per molti altri durante la sua lunga vita, una folla di ricordi ha invaso la mia mente.

Da studente con idee rivoluzionarie per la testa, erano gli anni magici del '68, seguivo le coinvolgenti lezioni di questo professore dichiaratamente liberale, che parlando di Fromm e di Lurija, di Jaspers e di Binswanger mi convinse che la psicologia non era solo una ideologia 'borghese'. Tradendo il mio amore per la filosofia, gli chiesi la tesi e cominciai così la mia avventura in questa scienza difficile ma che ancor oggi continua ad affascinarmi.

Appena diventato borsista nel vecchio Istituto di Psicologia che Majorana dirigeva, mi ingiunse subito di starne alla larga per lavorare nel centro di orientamento, nella scuola ortofrenica per disabili, e nella casa di cura neuropsichiatrica, istituzioni pionieristiche che aveva fondato e dirigeva con competenza e passione. 'Cosa stai a fare tra le mura di un Istituto universitario? Non basta leggere libri o programmare ricerche a tavolino per capire la psicologia!' furono le sue parole quando mi vedeva  riluttante  a lasciare la solida riva della sperimentazione di laboratorio per gettarmi nel burrascoso mare della pratica.

Eppure lui di libri ne aveva letto tanti, aveva una biblioteca che occupava un intero piano di casa sua e che faceva invidia ai colleghi italiani e stranieri invitati spesso a portarci le loro esperienze.

Ma quello che voleva insegnarci era altro, era la curiosità per il 'caso' concreto e non solo per la teoria che cercava di spiegarne i segni, era la passione per la scoperta del mondo interno della persona in difficoltà, era l'empatia che segnava l'incontro con la persona disabile o il paziente psichiatrico o lo studente in cerca di identità. E tanto ha insegnato a quanti sedevamo accanto a lui mentre visitava i ricoverati, o partecipavamo  alla riunione settimanale per discutere dei casi più interessanti o anche solo stavamo ad ascoltare i deliziosi racconti degli incontri con i grandi che aveva conosciuto e delle esperienze intellettuali cui aveva partecipato.

Per imparare le altre cose importanti della psicologia, metodologia della ricerca, statistica, teorie e tecniche dei test, - 'anche queste cose si devono sapere, ma io non posso insegnartele' mi disse - mi mandò a Padova dal suo amico Metelli, e mi aprì così orizzonti nuovi essenziali per la mia formazione professionale e accademica.

Quando arrivai alla cattedra - era ormai in pensione da tempo - mi abbracciò con un misto di orgoglio e commozione e mi disse con sincerità 'non ho potuto fare gran che per aiutarti al concorso, e ne sono ancora più contento', ed invece il fatto di essere stato mio maestro aveva influito molto, senza che neppure se ne rendesse conto.

I periodi passati in clinica per apprendere i segreti del suo mestiere, il suo rigore ma anche la sua ironia, i suoi rimproveri e i suoi consigli mi sono mancati negli anni in cui, travolto dalle cariche accademiche, ne sono dovuto restare lontano.

Qualche settimana fa, non potendo partecipare al funerale di mio padre che conosceva e stimava, mi aveva telefonato e mi aveva invitato ad andarlo a trovare, 'dobbiamo parlare di tante cose'.

Chissà quali erano queste cose, caro professore Angelo. Adesso che non ci sei più, non ci resta che organizzare un volume in tua memoria, e un convegno per presentarlo e per ricordarti. Quindici anni dopo il volume e il convegno di Erice in onore dei tuoi ottant'anni, anche adesso inviteremo quanti ti hanno conosciuto e stimato a partecipare a questa festa in tuo ricordo. Poca cosa, certo, ma utile per ritrovarti ancora un poco tra noi.