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Il "clandestino" Gatti e gli studenti

Lezione di giornalismo al Medialab con il vincitore del Premio Fava - Leggi l'articolo su Step 1

 
 
05 gennaio 2007
di Irene Alì
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Ripescato in mare e poi rinchiuso nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa, schiavo in Puglia tra i braccianti stranieri nella provincia di Foggia, inviato in Moldavia, Romania, Albania, Egitto, Marocco e Venezuela per ripercorrere i viaggi delle vittime della prostituzione, del lavoro nero e dell'immigrazione clandestina, nel 1998 ha vissuto per un periodo in una baraccopoli alla periferia di Milano, nel 2000 si è fatto rinchiudere sotto falso nome nel centro di detenzione per stranieri di via Corelli, a Milano.

Non è il curriculum di un attore del cinema ma di un giornalista, uno vero: Fabrizio Gatti. Il reporter, firma di punta de L'Espresso, è stato ospite venerdì 5 gennaio della facoltà di Lingue e letterature straniere nell'ambito del Medialab. L'incontro, trasmesso in diretta on line su Radio Zammù, è stato l'occasione per raccontare la "sua" etica professionale, il suo modo di condurre le inchieste, e anche le sue avventure: «L'inchiesta è un tentativo di svegliare le persone - ha detto rispondendo alle domande dei redattori dei giornali universitari on line Astratti furori, Il Cibicida, Giro di vite, Marforio, Soqquadro, Step1 e Unimagazine - e di raccontare un po' come vanno davvero le cose».

Gatti ha raccontato inoltre alcuni dettagli della sua celeberrima inchiesta "Io, clandestino a Lampedusa": «Altro che clandestini - ha detto - sono loro i veri eroi moderni, sono persone che dimostrano coraggio, in fuga dalla guerra, dalla povertà. Non sono affatto dei disperati, anzi è proprio la speranza che li spinge a fuggire alla ricerca di libertà». «Quella stessa libertà che spesso ai giornalisti italiani oggi fa difetto - aggiunge Gatti -, sebbene un grande esempio la Sicilia possa vantarlo: Giuseppe Fava, il direttore de "I Siciliani", ucciso 22 anni fa dalla mafia».