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Andrea Chénier, l'artista e la politica

Alla sala Museion nuovo "Appuntamento con la lirica" con il prof. Giuseppe Montemagno

 
 
19 aprile 2007

Un poeta e la Rivoluzione, l'artista e la politica. Sulle contrastanti relazioni tra questi due termini si fonda Andrea Chénier, titolo di punta del catalogo operistico di Umberto Giordano, che Giuseppe Montemagno, in preparazione alla nuova produzione del Teatro Massimo Bellini di Catania, ha illustrato ad un folto pubblico, che ha gremito la Sala Museion per l'ormai tradizionale "Appuntamento con la lirica", frutto dell'impegno congiunto di AEDE (Association Européenne des Enseignants) ed ERSU (Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario).
Rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano nella primavera del 1896, il dramma storico declina una variante interessante della stagione verista: lungi dal rappresentare accadimenti contemporanei, presenta fatti storici meticolosamente ricostruiti sulla base di approfondite ricerche filologico-letterarie, puntualmente rievocate in un libretto dalla struttura volutamente ipertrofica - soprattutto nell'apparato delle didascalie - proprio in funzione descrittiva. L'impegno del librettista Luigi Illica, autore di un testo originale, era stato peraltro particolarmente gravoso, considerato come André-Marie Chénier, poeta dell'epoca rivoluzionaria, era morto lasciando inedita la gran parte di una produzione letteraria particolarmente ricercata.

Da qui una serie di controverse analisi ed indagini che, nel corso di tutto l'Ottocento, avevano focalizzato l'attenzione sugli ultimi momenti della vita del poeta, sulla prigionia a Saint-Lazare e, soprattutto, sul legame d'amore con una sconosciuta «jeune captive», una prigioniera destinata a diventare Maddalena di Coigny, tutti elementi sfruttati in vista un impatto teatrale destinato a deflagrare sul palcoscenico melodrammatico. Nel corso della presentazione multimediale, il musicologo ha illustrato l'immagine del protagonista del dramma giordaniano, sovente ritratto proprio nell'atto di poetare, tanto in una dimensione pubblica, magniloquente, quanto in quella più liricamente privata. Sullo sfondo, la Rivoluzione francese s'impone con evidenza, grazie anche alle citazioni di inni (dal "Ça ira" alla "Carmagnola", sino alla "Marsigliese" nell'ultimo atto) che costellano la partitura, sino ad un finale tutto iscritto nel segno della disillusione per gli eccessi di un regime che sacrifica sulla ghigliottina anche la parte migliore della società, i poeti.