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Cutgana
Fondazione Cutgana

Prevenzione contro il Papilloma virus

Conferenza di Francesco Raspagliesi dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano

 
 
18 novembre 2012
Fondazione Cutgana Conferenza Raspagliesi.jpg
CATANIA. Maggiore prevenzione nei primi anni di vita e migliore conoscenza dell'infezione del Papilloma virus umano per escludere l'insorgenza del carcinoma al collo dell'utero. 
Sono i "consigli" del prof. Francesco Raspagliesi, direttore dell'Unità operativa complessa di Ginecologia oncologica dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente della Società italiana di oncologia ginecologica, rivolti alla folta platea di docenti e studenti con la lectio magistralis tenuta nell'auditorium della Città della Scienza nell'ambito del CutganaTalk organizzato dalla Fondazione Cutgana sul tema "Prevenzione dei danni da infezione da HPV (Papilloma virus umano)".

Un appuntamento aperto dal prorettore dell'Università di Catania, Maria Luisa Carnazza, dal presidente della Fondazione Cutgana, Angelo Messina, e dal past-preside della facoltà di Medicina, Francesco Basile. 
Proprio Basile, nel presentare il collega e concittadino, ha ricordato "il lavoro congiunto agli inizi delle rispettive carriere" sottolineando "lo spessore professionale di Raspagliesi, oggi affermato a livello nazionale come direttore dell'UOC Ginecologia oncologica dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e come presidente della Società italiana di oncologia ginecologica". 

Sul tema della conferenza si è soffermata anche Amalia Daniela Palano, responsabile dell'Unità operativa di supporto Oncologica ginecologica preventiva e colposcopia dell'Azienda ospedaliero - Universitaria "Policlinico - Vittorio Emanuele" di Catania, la quale ha evidenziato che "ad oggi si conoscono 300 genotipi dell'human papilloma virus di cui 80 infettano l'uomo e sono valutati in base alle capacità oncogene degli stessi, cioè di determinare l'insorgenza del carcinoma del collo dell'utero". "I due genotipi principalmente responsabili del formarsi dei carcinomi sono il 16 e il 18 - ha continuato la Palano - il virus predomina soprattutto nelle donne giovani, mentre decresce man mano che si va avanti negli anni, probabilmente per l'insorgenza di un'immunità specifica nell'organismo dell'ospite. Lo stesso può determinare diverse patologie, sia di tipo benigno, che maligno".

Poi il prof. Raspagliesi ha chiarito che "l'infezione da human papilloma virus, come tumore del collo dell'utero, fa paura perché spesso, nella maggior parte dei casi, manca da parte delle donne una corretta conoscenza e comprensione della patologia, della sintomatologia, della sua prevenzione e delle possibilità terapeutiche". "La ricerca sull'HPV in ambito oncologico - ha rilevato Raspagliesi - ha condotto a risultati di straordinaria portata scientifica, perché si ha oggi la documentata certezza che un tumore maligno non ha origine ignota, come normalmente accade, ma se ne conosce l'eziologia, infatti in tutti i casi di carcinoma del collo dell'utero è sempre presente l'infezione da Hpv 16 e 18. Ed il vaccino contro il virus protegge l'individuo escludendo l'insorgenza del tumore".

"Con l'infezione da Hpv una parte del Dna virale si integra con quello della cellula ospite, - ha aggiunto Raspagliesi - il che significa che non esiste una valida terapia antibiotica. Ma rispetto alle altre tipologie di tumori, per i quali non esiste una vera e valida prevenzione se non la diagnosi precoce, il carcinoma del collo dell'utero, se venissero effettuati dalle donne tutti i controlli prescritti, sicuramente non avrebbe modo di svilupparsi. Nonostante, poi, la progressione a carcinoma sia un evento molto raro, una volta conseguita l'eventuale diagnosi, è molto importante rivolgersi ad un medico competente ed effettuare la trafila diagnostica e terapeutica più opportuna". 
"E' fondamentale la vaccinazione che, pressoché priva di eventuali effetti collaterali, se effettuata precocemente su bambini ed adolescenti, consentirebbe la protezione nei confronti dei ceppi più aggressivi del virus per almeno 5 anni, determinando una potente memoria immunitaria della proteina legata al virus" ha concluso il presidente della Siog.