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Atenei

Università fuoricorso

Dal Corriere della Sera di giovedì 28 febbraio 2008 - In allegato i grafici con le graduatorie

 
 
01 dicembre 2017

Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Focus Vuota - data: 2008-02-28 num: - pag: 10
categoria: REDAZIONALE

Università fuori corso

Finiti gli effetti della riforma «3 più 2» Solo il 30 per cento si laurea in tempo

Uno degli obiettivi della Riforma Zecchino, che ha trasformato l'Università con la formula del 3+2, era diminuire il fenomeno, tutto italiano, dei fuori corso. Perché il nostro sistema accademico ha da sempre sofferto di un problema di ritardo: mentre all'estero i giovani dei Paesi Ocse concludevano gli studi prima dei 25 anni, da noi ci si avvicinava al traguardo intorno ai 28. Secondo un'analisi del 2001 del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, nel 2000 solo 9 laureati su 100 conseguivano il titolo nella durata legale degli studi.
A distanza di otto anni i dottori fuori corso di tutti gli Atenei d'Italia sono notevolmente diminuiti e quasi un universitario su tre si laurea nei tempi giusti. Ma la tendenza sta cambiando e le ultime rilevazioni dicono che c'è il rischio di tornare ai vecchi tempi. Nel 2007 si sono laureati 300.735 studenti, nel confronto con l'anno accademico precedente la proporzione di laureati «regolari» è diminuita del 4,5%, passando dal 34,8% al 30,3%.
Lo testimonia l'ultimo Rapporto sullo stato del sistema universitario del Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario), organo istituzionale del ministero dell'Università e della Ricerca. L'analisi indica che è aumentata anche la durata media degli studi, passata da 4,2 a 4,4 anni, (quella regolare è di 3 anni con il nuovo ordinamento) maggiore di quella che era la vecchia durata legale di un corso di laurea quadriennale e poco inferiore della durata regolare di un vecchio corso quinquennale.
Se poi si dà un'occhiata alla diminuzione di laureati che hanno conseguito il titolo con un anno di ritardo (passata dal 40,6% al 34%) quello che potrebbe apparire un segnale di miglioramento si dimostra invece una spia d'allarme perché è quasi raddoppiata la percentuale di coloro che si sono laureati due anni oltre la durata regolare degli studi (passata dall'11,5% del 2005 al 20,3% del 2006).
Siamo ancora lontani da quel 9% di dottori «in corso», eppure la percentuale degli iscritti fuori corso per l'anno accademico 2006-2007 rispetto al 2001-2002 è diminuita di solo mezzo punto percentuale (36,9% contro il 37,3%). Se inoltre si confronta il numero di coloro che hanno conseguito nel 2006 il titolo nel tempo previsto, con il numero degli immatricolati agli stessi corsi tre anni prima, si scopre che di questi solo il 14,9% si è laureato nel giusto tempo. Si conferma inoltre il dato degli abbandoni al secondo anno che oscilla intorno al 20% mentre aumenta il numero di iscritti inattivi (22,17%) che pagano le tasse ma non sostengono esami.
«Si tratta di una maledizione strutturale - spiega Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea - all'estero non sanno nemmeno cosa sia lo studente fuori corso, non esistono parole inglesi ad esempio per tradurre il concetto. Certo, siamo ancora in una fase di transizione tra vecchio e nuovo ordinamento ed è troppo presto per fare bilanci. Dobbiamo pensare comunque che oggi i ragazzi che si laureano in regola sono molti. I risultati post riforma sono di gran lunga migliori alla situazione precedente, ciò che desta preoccupazione è che man mano che passa il tempo il fenomeno dei fuori corso possa ricominciare ad aumentare». E poi gli iscritti post riforma, spiega Cammelli «non hanno ancora avuto il tempo di essere fuori corso di oltre 5 anni, essendo la riforma recente ».
La popolazione universitaria si è ormai stabilizzata da circa tre anni intorno a 1.800.000 unità. Un altro fenomeno che contribuisce ad aumentare la percentuale di iscritti irregolari è quello delle matricole «mature», cioè gli adulti che decidono di tornare a studiare. Sono passati dal 13% degli immatricolati totali del 2000 al 17,4% dell'anno accademico 2005-2006. «Spesso sono studenti lavoratori che proprio per questo motivo non fanno in tempo a completare il ciclo di studi con regolarità», spiega il sottosegretario del ministero dell'Università Luciano Modica.
«È vero - aggiunge - che uno degli obiettivi della Riforma era quello di abbattere il fenomeno dei fuori corso e i risultati conseguiti in questo senso sono molto positivi. È vero anche che quest'anno si denota un peggioramento del dato e faremo molta attenzione a monitorarlo».
Nel complesso, precisa Modica, che in passato ha ricoperto il ruolo di presidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane «la situazione è nettamente migliorata. Metà degli studenti si laurea con meno di un anno di ritardo facendo diventare possibile ciò che nel vecchio sistema universitario era impensabile».
In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%). Tant'è che solo l'8,9% degli iscritti al Campus Bio-Medico di Roma è fuori corso. Al contrario, secondo i dati del Miur, l'ateneo che detiene la percentuale più alta di studenti irregolari è quello di Benevento, l'Università degli studi del Sannio: su oltre sette mila iscritti nell'anno accademico 2006/2007, quasi la metà (il 47,9%) non è in regola. Segue l'Università degli studi di Cagliari (con il 46,6%) e il Politecnico di Bari in cui il 46,4% degli iscritti è fuori corso. Al contrario, tra gli atenei con la più bassa percentuale di «irregolari» troviamo il San Raffaele di Milano con il 4,7% (su 1.835 studenti), l'Università della Sicilia centrale Kore di Enna con il 9,2% (su 3.500 studenti) e il 10,3% della Luiss Guido Carli di Roma su oltre 6 mila iscritti. Importante è però la data di inaugurazione dell'ateneo: più è giovane l'Università più la percentuale di fuori corso si abbassa. Atenei storici come La Sapienza di Roma o la Statale di Milano (rispettivamente 43,3% di fuori corso e 33,8%) hanno avuto tutto il tempo per maturare studenti che restano tali per un bel po'.
Corinna De Cesare

 

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Le accuse Ortensio Zecchino, padre della legge
«Troppi corsi e troppi esami Il potere accademico ha stravolto le nuove regole»

ROMA - «La tendenza della laurea triennale a produrre laureati regolari si sta esaurendo? Non direi. Il risultato complessivo resta positivo. Solo che sono passati gli anni ed ora c'è bisogno di un tagliando». Per il presidente della Crui (Conferenza rettori) Guido Trombetti, ordinario di Analisi matematica, rettore della Federico II di Napoli, il calo degli studenti che si laureano nei tempi previsti, quel meno 4,5 per cento riferito nell'ultimo rapporto annuale del Cnvsu ed altri segnali di inversione di trend positivo sono le conseguenze di disfunzioni presenti nella riforma universitaria Berlinguer Zecchino, (legge 509 del 1999), meglio nota come riforma del «3 più 2», per la quale il ministro Mussi aveva previsto una serie di ritocchi.
Un passo indietro. Con la riforma del '99 gli atenei hanno introdotto molte novità nella didattica. «L'intento - spiega il presidente dei rettori italiani - era quello di offrire un vantaggio didattico agli studenti, dividendo un esame complicato in due parti. Risultato? Lauree triennali con più esami delle vecchie lauree quadriennali. Uno spezzettamento del sapere con corsi ridotti a pochi crediti e un grande stress per gli universitari. Un esempio: nel mio vecchio corso di matematica in quattro anni c'erano quindici esami, quando è diventato triennale sono diventati più di venti. E' stato un errore: per lo studente è preferibile un corso più ampio che consenta un'unica sintesi».
Dunque tempi più lunghi per gli universitari. «Infatti. Ma dal prossimo anno, con i decreti del ministro Mussi - ricorda Trombetti - molti atenei introdurranno un tetto al numero delle prove». Le ultime stesure prevedono, per la laurea triennale, non più di venti esami. «E' l'elevato numero di insegnamenti a mettere in difficoltà gli studenti. Prima della riforma si facevano mediamente cinque esami l'anno, dopo sono diventati dieci.
Nell'ultimo rapporto tutto ciò è spiegato in modo chiaro - afferma Guido Fiegna, membro storico del Comitato di valutazione del sistema universitario -. All'origine di questa disfunzione c'è anche la necessità di tenere accesi insegnamenti che non sono direttamente utili al corso di studi, ma che danno occupazione negli atenei».
L'ex ministro dell'Università Ortensio Zecchino, «padre» del 3 più 2, difende la sua riforma («Il giudizio richiede tempi lunghi»), ma critica il modo in cui è stata realizzata. «La proliferazione dei corsi di laurea - dice - e le modalità della distribuzione dei crediti tra le discipline non hanno reso giustizia alla ratio
della riforma. I crediti sono stati attribuiti più in base a logiche di potere accademico che per un disegno formativo, con la conseguente moltiplicazione degli esami».
«Valuto positivamente - conclude l'ex ministro - il progetto di Mussi di porre una limitazione al numero degli esami. Ma non basta per eliminare le tante disfunzioni. All'università italiana manca soprattutto un'istituzione in grado di premiare e sanzionare le condotte degli atenei. Il Comitato nazionale di valutazione è stato formalmente sterilizzato con l'annuncio di un'improbabile futura agenzia. Ricordo che nel 1999 mi rifiutai di approvare la riforma fino a quando non vidi la legge che istituiva la valutazione».
Giulio Benedetti

Ex ministro
Ortensio Zecchino è il «padre» della riforma universitaria varata nel 1999, quella che ha previsto l'introduzione del «3 più 2»

Rettore
Guido Trombetti, presidente della Conferenza dei rettori, è alla guida dell'università Federico II di Napoli