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R&S, Svimez: 'Serve politica specifica per il Sud'

Ferma a 0,87% del Pil la spesa per R&S  - Solo 11 brevetti registrati per  milione di abitanti. Crediti d'imposta: 41 milioni alle aziende meridionali contro i 671 del Centro-Nord

 
 
12 giugno 2010

In allegato il comunicato integrale con le tabelle

Serve una politica specifica di sostegno alla ricerca e all'innovazione delle imprese al Sud, con risorse ad hoc, che stimoli la competitività, attiri capitali e know-how dall'esterno e incoraggi la creazione di sistemi di rete e di trasferimento tecnologico fra aziende, Università e centri di ricerca.
È quanto sostiene la SVIMEZ in un studio di Grazia Servidio e Luca Cappellani sulle misure a sostegno della ricerca e sviluppo al Sud pubblicato sull'ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale dell'Associazione diretto da Riccardo Padovani.

Lo studio analizza il grado di diffusione delle attività di R&S e gli interventi di sostegno ai processi di ricerca e innovazione a favore delle imprese del Sud dal 2003 al 2008 in base a dati Istat, CIPE, del Miur e del Ministero dello Sviluppo Economico. Fotografa inoltre la situazione del trasferimento di conoscenza tecnologica al Sud dalle Università alle imprese nelle sue varie forme: spin off, laboratori pubblico-privati, distretti tecnolo-gici.

Pil, occupati e brevetti - La situazione non è delle migliori: il Sud spende solo lo 0,87% del Pil in R&S contro l'1,28% del Centro-Nord, pure distante dal parametro del 3% stabilito dalla "Strategia di Lisbona" per il 2010. Anche la percentuale di occu-pati nel settore la dice lunga sulla scarsa capacità innovativa delle imprese meridionali: solo 1,86 ogni 1.000 abitanti contro il 4,4 del Centro-Nord. Debole anche l'attività brevettuale: solo 11 brevetti registrati per milione di abitanti contro gli 88 dell'altra ripartizione.

Spin off: numeri, regioni, settori - Un fenomeno giovane, ma in crescita. L'89% delle aziende italiane nate su progetti innovativi ideati e studiati nelle Università, gli spin off,  ha visto la luce tra il 2000 e il 2009. Delle 806 aziende attive in Italia a fine 2009 il 23% si trova al Sud, contro il 77% dell'altra ripartizione. A livello regionale, in testa l'Emilia Romagna, con 113 spin off,  seguita da Lombardia (99) e Toscana (89).
Il Mezzogiorno ospita 187 aziende, concentrate in Puglia (47, pari al 5,8% naziona-le) e Sardegna (45). A seguire la Calabria (27), la Campania e la Sicilia (25), l'Abruzzo (11), la Basilicata (4). Fanalino di coda il Molise (3).
A livello settoriale prevale l'ICT in entrambe le ripartizioni (218 aziende al Centro-Nord e 49 al Sud), seguito da energia e ambiente (92 e 40), life sciences, cioè biotecno-logie e farmaceutica (93 e 27), elettronica (60 e 21) e biomedicale (41 e 17).
In termini relativi però il Sud supera il Nord riguardo ai settori dell'energia e ambiente, dell'elettronica, del biomedicale, delle nanotecnologie e dei beni culturali.

Punto dolente, i finanziamenti. I contributi statali non superano i 500mila euro a proget-to e gli imprenditori privati disposti a rischiare capitali in questi settori sono troppo po-chi. Fra i pochi, al Mezzogiorno vanno solo le briciole: dal 2000 al 2008 gli investi-menti privati realizzati facendo ricorso al venture capital e al private equity hanno interessato il Sud solo per il 3% del totale.

Laboratori pubblico-privati -  Sono strutture in cui ricercatori e imprese industriali lavorano in stretta collaborazione, spaziando dall'ICT alla certificazione di nuove specie vegetali. Nel Sud sono 26, concentrati in Campania (11), Puglia (7), Sicilia (4), Sar-degna (3), Calabria (1). Tra il 2006 e il 2007 il MIUR li ha finanziati per oltre 211 milioni di euro, ma le erogazioni si sono fermate neanche al 15% dei contributi to-tali, pari a 31 milioni di euro. La più virtuosa la Campania, con oltre il 21% di contri-buti erogati, seguita dalla Sicilia (20%). Seguono la Sardegna, con l'8,4% delle risorse erogate, e la Puglia (7,5%). In Calabria l'unico laboratorio, attivo nell'ICT, finan-ziato con oltre 5 milioni di euro, non ha utilizzato alcun contributo.

Distretti tecnologici - Nascono come evoluzione dei laboratori, frutto di progetti di svi-luppo MIUR-Regioni: nel Mezzogiorno sono attivi 10 distretti tecnologici, 2 in Puglia e Calabria, 1 in Sicilia, Campania, Sardegna, Abruzzo, Molise, Basilicata. Il MIUR li ha finanziati con oltre 81 milioni di euro, ma lo scorso anno era stato erogato solo il 24% dei contributi. Con casi clamorosi: il distretto agroalimentare molisano, finanziato con oltre 1,4 miliardi di euro e il logistico calabrese (quasi 12 miliardi) non hanno utilizzato nemmeno un euro.

Agevolazioni/finanziamenti: chi ha ricevuto, quanto e come - Dal 2003 al 2008 so-no stati destinati 9,5 miliardi di euro in interventi nazionali e regionali a sostegno della ricerca e innovazione, di cui quasi 5 sono andati alle imprese del Mezzogior-no. Di questi, però, la stragrande maggioranza deriva da interventi nazionali (4,4 miliar-di di euro), mentre i regionali si fermano a 590 milioni. Nel periodo in questione però le risorse nazionali concesse sono passate da oltre 2 miliardi del 2006 ai 180 milioni del 2008, crollo non compensato da misure di riequilibrio territoriale.

Crediti d'imposta - Fra le varie modalità di accesso ai finanziamenti spicca l'uso del credito d'imposta quasi esclusivamente da parte del Centro-Nord: dei 712 milioni concessi nel 2008 solo 41, pari a meno del 6%, è andato al Sud. Le cause? Oltre alla diversa velocità di accesso telematico ai bandi da parte delle imprese delle due riparti-zioni, "si può presumibilmente ipotizzare che i criteri di concessione abbiano avvantag-giato le imprese del Centro-Nord", perché si basano su crediti limitati alle sole imprese con utili di bilancio.

Cosa dice la SVIMEZ - Sono necessarie politiche specifiche per la ricerca e l'innovazione attente alle debolezze strutturali delle imprese del Sud e al contesto meno favorevole. Sì, da un lato, a interventi che attirino maggiormente capitali, ricercatori e imprenditori dall'esterno, sfruttando le relazioni nazionali e internazionali tra Università e centri di ricerca; dall'altro lato, a interventi su infrastrutture materiali e non, e incenti-vi a investimenti esterni.

Riguardo agli spin off, al contributo statale andrebbero affiancate altre misure "in grado di favorire non solo il sostegno della nuova impresa sino al suo ingresso nel mercato, ma anche una sua successiva crescita": tanto più che "la maggior parte delle imprese a elevato contenuto tecnologico cresce lentamente o addirittura mantiene dimensioni con-tenute".


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