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Ricerca

La burocrazia italiana frena gli studiosi stranieri


 
 
01 dicembre 2017

(ANSA) - ROMA, 9 MAR - La burocrazia è il primo nemico dei ricercatori stranieri che vogliono lavorare per alcuni periodi in università e centri di ricerca italiani. E' fra i dati più evidenti dello studio-pilota condotto dalla rete europea dei centri di mobilità Era-More (European Research Area Mobile Researchers) della Fondazione CRUI. Le difficoltà per chi vuole fare ricerca in Italia cominciano già nel Paese d'origine, al primo contatto con il Consolato, per avere il visto. E non c'é ricercatore straniero che non sia spaventato al ricordo delle lunghe file e dei moduli da compilare per avere il permesso di soggiorno. "Le procedure di ingresso e soggiorno per ricercatori di Paesi terzi sono spesso lunghe e onerose", si legge nel rapporto. Le cose non sembrano essere migliorate con le nuove regole secondo cui la domanda per ottenere il permesso di soggiorno deve essere presentata alle Poste, con un aggravio di circa 30 euro.
Già questo basterebbe a spiegare perché, secondo i più recenti dati disponibili, del 2004, i dottorandi stranieri in Italia erano appena 1.340: 10 volte meno di quelli presenti in Spagna (13.426) e quasi 28 volte in meno che in Gran Bretagna (36.000). I dati della rete Era-More confermano il dato, sebbene siano molto preliminari, in quanto si riferiscono al periodo estivo, mentre molti ricercatori arrivano in Italia in settembre. I dati, raccolti con un questionario diffuso attraverso le 16 istituzioni (università e centri di ricerca) che fanno parte della rete, i ricercatori stranieri presenti in Italia (estate 2006) sono 223. Per la maggioranza (61,4%) sono uomini, meno della metà (46,6%) ha meno di 30 anni. Il 31% arriva dai Paesi dell'Europa dei 15 e sono sempre più numerosi coloro che arrivano da Medio Oriente e Asia (20%), America Latina (14%) e nuovi Stati membri dell'Unione Europea, include Bulgaria e Romania (10,7%).

Tra le difficoltà che incontrano, prime fra tutte sono le procedure lunghe e difficili per avere il rilascio di visto e permesso di soggiorno (un problema per il 51% dei ricercatori stranieri), insieme al tempo eccessivo trascorso in diversi uffici per riuscire a ottenere informazioni e poter compilare i moduli, senza contare barriere linguistiche e informazioni eterogenee. Difficoltà e disagi da tempo denunciati anche da ricercatori italiani che intendono invitare nei loro istituti e laboratori ricercatori stranieri. "Bisogna affrontare continue difficoltà per far sì che ricercatori di chiara fama possano ottenere il visto per l'Italia", ha osservato Alessandro Panconesi, del dipartimento di Informatica dell'università di Roma La Sapienza. "In Italia - ha aggiunto - i ricercatori devono rinnovare il permesso di soggiorno ogni 12 mesi, anche quando hanno borse di studio per 3 anni, e inoltre devono affrontare in media ritardi di 6 mesi, con punte che arrivano a 8 e perfino 14 mesi". E' difficile anche aprire un conto corrente bancario, perché le banche richiedono documenti (come il permesso di residenza), che l'amministrazione pubblica rilascia dopo mesi.


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